#unideaXte – Racconto

Chi parla lo fa perché ha qualcosa da dire e vuole raccontare. Chi ascolta lo fa per piacere.

La storia che scegliamo di raccontare è un pezzettino di noi.  Il racconto aiuta a riordinare la sequenza narrativa: io che racconto, faccio ordine nella mia storia e ci capisco un po’ di più. Tu ascolti riverberi delle mie stesse emozioni. Mi conosci e mi accogli.

Il raccontare e quindi l’ascoltare, ci rende compartecipi di una stessa storia

Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentri­che che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la nin­fea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richia­mati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in profon­dità, in tutte le direzioni, mentre il sasso precipita smuo­vendo alghe, spaventando pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari. Quando poi tocca il fondo, som­muove la fanghiglia, urta gli oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. Innumerevoli eventi, o mi­croeventi, si succedono in un tempo brevissimo. Forse nemmeno ad aver tempo e voglia si potrebbero registrare tutti, senza omissioni.
Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, signifi­cati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rap­presentazione, ma vi interviene.

Gianni Rodari, La grammatica della fantasia

Tre sono gli ingredienti necessari per il racconto: un lancio, uno stagno ed un sasso.

Ovvero: uno che parla, uno che ascolta, e una storia da raccontare. Chi parla lo fa perché ha qualcosa da dire e vuole raccontare. Chi ascolta lo fa per piacere.

La storia che scegliamo di raccontare è un pezzettino di noi.  Il racconto aiuta a riordinare la sequenza narrativa: io che racconto, faccio ordine nella mia storia e ci capisco un po’ di più. Racconto, sempre e comunque, un pezzo di me: io sono le esperienze che ho vissuto. Anche la mia fantasia è espressione della mia storia

Il racconto fa riverberare reciprocamente delle stesse emozioni: mi conosco meglio, attraverso la conoscenza che mi offre di te la tua storia. Accogliere con silenzio, senza giudizio nè interpretazione. Raccontare ha un valore politico notevole: ci permette di capire quanto nelle nostre emozioni possano rivedersi gli altri. Ci rende tutti con qualcosa in comune, senza l’incombenza di decidere che cosa sia giusto o che cosa sia sbagliato. Nei limiti della legalità, beninteso. Un gesto democratico di comunanza senza distinzioni.

Il racconto è esperienza della memoria, individuale e collettiva: affido le mie storie agli altri, affinchè diventino patrimonio comune, per arricchire la comunità, ma anche me stesso. Si racconta per affrancarci dalle nostre storie o per farle vivere per sempre?

Il narrare e il raccontare hanno anche la ricchezza di cedere spazio da riempire a chi li usa. Allora in questo tempo in cui abbiamo la possibilità di ascoltare la moltitudine di forme con cui i nostri bambini e ragazzi hanno la volontà di raccontarci la loro vita, la loro esperienza di questo momento, perché non offrire questo spazio di narrazione e accoglierlo?

Non serve pensare di riempirlo o dare indicazioni sui temi della narrazione, abbiamo già tante altre persone che in questo momento ci danno (e danno ai nostri bambini e ragazzi) indicazioni; possiamo invece chiedergli “cosa vedi dalla tua finestra?”. La finestra di ognuno sarà diversa, racconterà di un periodo difficile per qualcuno che avrà pochi giochi o pochi colori con cui passare questo tempo lento, oppure un periodo di gioia, la gioia di avere mamma e papà per tutto questo tempo a casa e non come sempre presi dalla frenesia della quotidianità. Raccontarsi e narrare non vuol dire solo scrivere o parlare ma anche disegnare, cantare, mimare, cucinare e mille altre cose che sicuramente i nostri bimbi sapranno mostrarci. Lasciamoci sorprendere anche questa volta dalla miriade di cose ci vorranno raccontare, dalla moltitudine di cose che sentono o vedono dalle loro finestre sul mondo e proviamo con loro a comprenderle e apprezzarle. Sapendo che, ogni cosa che ci racconteranno, sarà un dono che ci fanno.